sabato 17 ottobre 2009

La morale in Seneca

Il punto focale del pensiero morale di Seneca consiste nella precisa determinazione concettuale di ciò che è bene e di ciò che è male secondo i canoni della storia. Bene è ciò che conserva e incrementa il nostro essere, male è ciò che lo danneggia. Dunque la filosofia si impone come terapia dei mali dell’anima, Senza la filosofia l’animo è malato. “Solo la filosofia può svegliarci, dice Seneca, essa soltanto può riscuoterci dal nostro sonno profondo: consacrati tutto a lei” (Lettere, 53,8). Questo modo di filosofare che mirava all’essenzialità e alla chiarezza, implica una precisa presa di posizione contro due tendenze: in primo luogo contro ogni forma di indagine mirante alla pura erudizione, alla mera ricerca di dati e nozioni; in secondo luogo, contro i problemi teorici sempre più sottili cui si dedicavano non pochi professori di filosofia. La verità, secondo Seneca, può e deve essere espressa con chiarezza e semplicità.
Ora, poiché l'uomo si distingue dagli altri esseri per la natura razionale del suo animo, si dovrà distinguere ciò che in lui conserva e incrementa il suo essere animale e ciò che invece conserva e incrementa il suo essere razionale, il suo logos. Dunque i veri beni sono solo i beni morali, quelli che fanno buono l'uomo e che lo rendono virtuoso. Bene è per l'uomo solo la virtù, male è il vizio. In breve, la virtù di ciascuna cosa consiste nell'essere perfetta in ciò che ontologicamente la caratterizza. Va lodato colui che possiede l'unico vero bene dell'uomo,che è la virtù morale, e non chi possiede ricchezza o nobiltà di nascita o potere. Fra i beni e i mali, ossia fra la virtù e il vizio, stanno molteplici cose. Tutte le cose che riguardano
il corpo e la vita fisica e ciò che è ad essi connesso (vita, salute, piacere, bellezza, forza, infermità, povertà, bruttezza ecc.) non giovano né nuocciono all'anima razionale e per questo vengono considerate moralmente indifferenti. Ma è evidente che alcune cose moralmente indifferenti saranno preferibili e altre non preferibili. Il vero bene, ossia la virtù, riguarda ciò che sei (la tua essenza di uomo), i preferibili riguardano invece ciò che tu hai(le cose che ti appartengono e chi ti riguardano solo dal di fuori). Tutti i mali, le angosce e le lotte degli uomini rientrano sempre e solo nella sfera dei preferibili e mai nella sfera della virtù: ai primi si riferiscono tutte le illusioni di felicità, e quindi l'infelicità; alla seconda la vera e autentica felicità. I grandi mali non stanno tanto nelle cose quanto nella valutazione sbagliata che noi diamo di esse. Esiste per l'uomo la felicità? Sì, vivere felici equivale a vivere secondo natura e vivere secondo natura è vivere secondo la verità che la ragione coglie, e quindi è vivere nella dimensione del Logos. La felicità è armonia interiore, armonia dell'uomo con sé,con le cose del mondo e col divino. La felicità non è ciò che consegue alla virtù, ma la virtù in sé e per sé. La virtù è autosufficiente in tutti i sensi. L'uomo felice è artefice della propria vita, in quanto non si lascia mai vincere né condizionare dalle cose esteriori, perché punta su se stesso e sulle proprie capacità, pronto ad accettare tutti i risultati che conseguono dalle sue azioni.

1 commento:

  1. Come diceva S.Agostino la grazia non è di tutti, così come la felicità non è raggiungibile da tutti ma solo da pochi. Non è facile, anzi impossibile per l'uomo distaccarsi dai beni e dai piaceri terreni, da tutte le cose materiali che riempiono la sua vita giorno per giorno. Per cui pur corrispondendo la felicità a virtù, pur essendo armonia interiore e pur corrispondendo all'utilizzo della ragione in tutte le sue forme, l'uomo comune è destinato a vivere una vita infelice, fatta solo ed unicamente di piccoli piaceri, soggetto ad una ragione che forse ragione non è, soggetto alle passioni, alle emozioni. Un uomo che cerca di vivere bene perseguendo i suoi scopi e cercando di essere felice. E' proprio la ricerca della felicità che ci fa sentire vivi e, come diceva Hobbes, il sommo bene non può esistere perchè l'uomo è un "desiderio frustrato"(Pascal), l'uomo che raggiunge il sommo bene non desidera nient'altro, ma poichè il desiderio accompagna la necessità, l'uomo che reggiunge la somma felità non vive affatto. La vita dunque è una continua ricerca di se stessi.

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