venerdì 5 marzo 2010

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Il Piacere.
Gabriele D'Annunzo.

sabato 27 febbraio 2010

"L'animo devi mutare,non il cielo sotto cui vivi"

Questa frase era presente in un'interpretazione del compito di latino e mi ha colpito per la sua chiarezza e allo stesso tempo espressività. Se volete rifletteteci anche voi in quanto a mio parere posso dire ermeticamente,che è veramente molto profonda e coglie quel qualcosa che a noi sfugge e ci fa mettere i piedi per terra senza essere materialisti.

venerdì 22 gennaio 2010

Shelley. "Mutevolezza"

Il fiore che oggi sorride
domani morirà
ciò che desideriamo
durevole ci tenta e va
via. Che cosa e' la gioia
del mondo? Un lampo che irride
alla notte, breve come la propria
luce.

La virtù come e' fragile
l'amicizia come e' rara
l'amore ci da' una povera
felicità in cambio di orgoglio
e pena. Ma noi, benché cadano
subito, alla loro gioia sopravviviamo
e a tutto quello che diciamo
nostro.

Mentre i cieli sono azzurri e
di luce, mentre i fiori sono lieti
mentre gli occhi che prima
di sera cambieranno fanno sereno
il giorno, mentre ancora camminano
calme le ore, sogna tu, e dal tuo
sonno svegliati poi, per
piangere.

Percy Bysshe Shelley

sabato 19 dicembre 2009

Il problema religioso

L' origine della RELIGIO è da attribuire ad una società di uomini in cui c' erano condizioni favorevoli al suo sviluppo cioè non comprensione di molti fenomeni naturali, rapporti sociali basati sulla violenza e la forza. L' idea dell' esistenza di esseri superiori nacque dai sogni, in cui gli uomini vedevano essere con poteri a loro sconosciuti, esseri onnipotenti: dal vederli nei sogni ad immaginarne la reale esistenza il passo fu breve; dice Lucrezio che " allora le stirpi dei mortali vedevano nelle menti durante la veglia eccellenti immagini di dei, e queste in sogno apparivano di ancor più mirabile corporatura. A queste attribuivano senso perchè pareva che proferissero parole superbe. ..e attribuivano loro vita eterna, perchè sempre la loro immagine si rinnovava e la forma rimaneva inalterata. .". Il passo successivo fu imputare al loro operato le manifestazioni inspiegabili, come i fenomeni celesti e il ruotare delle stagioni. Per non scatenare le loro ire nacquero così i culti degli dei e si costruirono i luoghi di culto. Per Lucrezio l' uomo, quando attribuì tali poteri agli dei, si autolesionò perchè si procurò solo timori e sofferenze: " o misera stirpe dei mortali, quando ebbe assegnato tali poteri agli dei e aggiunto loro la collera acerba ! Quanti gemiti procurarono allora a sè stessi, quante sofferenze e lagrime ai nostri figli ! Non v' è alcuna devozione nel mostrarsi col capo velato. ..devozione è piuttosto potere guardare tutto con mente serena ". La religione per Lucrezio ha portato più danni che vantaggi agli uomini, perchè in nome di essa sono stati compiuti delitti, misfatti, per esempio quello compiuto dal padre di Ifigenia, che sacrificò agli dei la figlia per potere avere buona sorte per le sue navi in partenza. Lucrezio attribuisce il grande merito di avere aperto gli occhi agli uomini sull' inganno della religione al filosofo greco Epicuro, di cui lui ricalca le orme e il cui messaggio vuole portare nel mondo romano attraverso il "De rerum natura ". Nonostante i suoi obiettivi anti religiosi Lucrezio apre il libro I con un' invocazione a Venere, dea protettrice, ma tale preghiera non va interpretata come gesto incoerente, perchè Venere è qui intesa come forza creatrice della natura, ma anche perchè Venere è una delle dee più popolari, così Lucrezio vuole attirare i suoi lettori. Riporta poi Lucrezio una descrizione dei riti e delle superstizioni legate alla dea Cibele, ma Egli conclude affermando la vanità di tali riti perchè gli dei vivono in un altro mondo e si disinteressano totalmente di ciò che gli uomini fanno.


La Tesi del professor Antonino Zichichi, Presidente della World Federation of Scientists:


“Noi siamo l’unica forma di materia vivente a cui è stato dato il privilegio del dono della ragione; ed è grazie alla ragione che la forma di materia vivente cui noi apparteniamo ha potuto scoprire il linguaggio, la logica e la scienza.Esistono infatti centinaia di migliaia di forme di materia vivente, vegetale ed animale, ma nessuna di esse ha saputo scoprire la memoria collettiva permanente – meglio nota come linguaggio scritto – né le forme di logica rigorosa come la matematica o la scienza che, tra tutte le logiche possibili, è quella che ha scelto il Creatore per fare l’Universo così come possiamo vederlo e studiarlo, e noi stessi.Una logica che ci è permesso di studiare e capire ma che nessuno sarà mai in grado, anche minimamente, di alterare. Senza ragione non avremmo potuto scoprire la scienza, questa straordinaria avventura intellettuale, iniziata solo 400 anni fa, con Galileo Galilei e le prime Leggi fondamentali della natura da lui scoperte.Galilei le chiamava “Impronte del Creatore”, impronte che potevano anche non esistere. Invece lui era convinto che esistessero, e che fossero presenti sia nelle stelle, sia nella materia “volgare” come le pietre, nelle quali in quel tempo tutti erano certi che non fosse possibile trovare verità fondamentali. È proprio studiando le pietre che Galilei iniziò a cercare quelle impronte, per un atto di fede nel Creatore.Un atto di fede e di umiltà, che ci ha permesso di arrivare oggi, in soli quattro secoli, a concepire l'esistenza del "supermondo": la più alta vetta delle conoscenze scientifiche galileiane, quindi del sapere rigoroso, nell'immanente. Le frontiere stesse del supermondo confermano quanto dicevo prima, ovvero che siamo l'unica forma di materia vivente dotata di ragione.”

Lucrezio

Abbiamo trovato alcune informazioni riguardanti la religio di Lucrezio...
postiamo qui il link
http://www.filosofico.net/lucrezio.htm

A duemila anni dal duemila (Francesca Knor)

Il rapporto tra fede e ragione secondo la "Fides et Ratio", nell'enciclica del settembre del 1998 promulgata dal Papa Giovanni Paolo II
Tra Fede & Ragione
Le encicliche, dunque, non sono il parto notturno (si fa per dire) di un pontefice che le riceve in flebo dalla Provvidenza per stenderle malferme sulla pregiata carta della sua scrivania da letto. Sono il risultato della spremitura di parecchie meningi (quante e quali non è dato sapere) ecclesiastiche: immaginiamo diverse teste d’uovo, coronate da gentil cappelletto, che, in lindi (puliti dalle suore) studioli vaticani redigono in penombra questi documenti facendo la summa di tutto il loro sapere e cercando di rispondere alle sollecitazioni che pervengono ai vertici dalla base caotica e multiforme (il gregge) e dai loro pastori (sacerdoti e vescovi).Dall’anno 2000, anno che tutti sanno già che sta arrivando (basta guardare le scadenze sulle scatolette)... giungono grida, lamenti, dubbi e risate: e da duemila anni prima, anno in cui si è fermata e a cui risale l’avventura intellettuale di questi compilatori, arrivano le risposte.Dobbiamo pensare che sia urgente in questo momento, parlare dei rapporti tra fede e ragione, perché ogni enciclica risponde alla impellenza di pianificare certi problemi, anche molto "concreti", in cui la Chiesa è coinvolta: pensiamo ad esempio alla scocciatura di dover diffondere un’enciclica, "Quanta cura", (1741) per proibire i traffici di elemosine, o ai giri di parole necessari a presentare in maniera casta la "Mirari Vos" (1832) in cui si proibiva la libertà di coscienza e di stampa, e così via, sino ad esempio alle gravi preoccupazioni teologiche che potevano ispirare la "Gravissimo Officio" (1906) in cui la Chiesa si dispera per il suo destino in Francia (con la legislazione repubblicana)...Attualmente, l’ottimismo che aveva introdotto un papa polacco al momento giusto, e l’esultanza per la caduta dei regimi dell’ateismo di stato, hanno lasciato il posto ad una stizza ed a una depressione notevole visto che la gente si ostina a non voler essere tutta cattolica, anzi, molti tra i più giovani sono convinti che dio sia un misto di varie divinità correnti, o non credono affatto.Dal primo punto (p. 1), circa i rapporti tra fede e ragione, si conclude che la "fede" è quella particolare capacità di credere alla verità di alcune risposte, quelle date dalla chiesa circa il senso della vita ed il perché "della presenza del male". Ma questi due interrogativi che l’enciclica definisce "universali" (escludendo quindi a priori ogni tipo di inclinazione e cultura che non riconosca ad esempio il bisogno di dare un "senso" alla vita), hanno già una risposta in varie religioni (si citano en passant, come a dare un tocco pittoresco, anche i Veda), però la Chiesa si definisce colei che "nel Mistero Pasquale ha ricevuto in dono la verità ultima sulla vita dell’uomo" (p. 2). Chiunque inizi a leggere questa enciclica può capire fin da subito quindi che si sta facendo una rassegna di domande - pretesto... sulle quali però non è ammessa altra risposta che quella della Chiesa. e qui chiudiamo la lettura ed andiamo a fare una bella passeggiata invernale, vi va?Per chi volesse insistere, l’imposizione della verità contenuta nel "mistero pasquale" è per inciso la convinzione che un dio, nei panni di Cristo, sia venuto sulla terra per farsi crocifiggere a nostra discolpa (in quanto peccatori:... il peccato esiste prima di dio) e, diciamo così in vena sadomasochistica, dimostrandoci il suo amore; questo dio avrebbe poi lasciato alla Chiesa carta bianca per "evangelizzarci", cioè inculcarci insegnamenti fatti derivare dalla storia (più o meno riscritta) della sua vita.